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venerdì 9 maggio 2008

Citazioni e meditazioni

Giovanna N. ha postato a commento di "Sicurezza, sicurezza, primavera di bellezza" un lungo brano di Toqueville che ho poi scoperto essere una specie di must nel mondo dei blog e non solo. Guardatevi questa ricerca Google in proposito.
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Credo dunque tocchi anche a me raccogliere l'invito di Giovanna e pubblicarlo in prima pagina. E direi che non ci sono commenti da fare.

«Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. Ineffetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri... Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi delpotere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimentosui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo».

Tratto da La democrazia in America di Alexis De Tocqueville, 1840.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

La “freschezza” del pezzo è quasi imbarazzante, non lo ricordavo così “presente”. C’era però qualche cosa che non riusciva a convincermi completamente, qualche nota stonata; ho provato a rileggerlo più volte, con un po’ meno testa e un poco più di pancia. Credo che ciò che non mi torna è la mancanza della dimensione del desiderio. Credo che il pezzo si possa adattare magnificamente alla discesa in campo del Cavaliere nei primi anni ’90; i residui ed i liquami dell’edonismo reganiano, della Milano da bere, del decisionismo craxiano erano ancora ben presenti e la caduta della prima repubblica aveva lasciato un vuoto che andava riempito. Il Berlusconi di allora ha sicuramente rappresentato l’archetipo della politica modello “telepromozione”… ricordate gli slogan più tutto per tutti? La folla, la gggente con tre g, si è asservita volentieri ad un padrone che incarnava il sogno americano, il successo accessibile a tutti… in cambio di una rassicurante repubblica da bagaglino, di ricchi premi e cotillon, i cittadini hanno permesso ad un partito azienda di comprarsi la cosa pubblica. Tanti allora votarono Berlusconi per ciò che rappresentava come imprenditore, proprietario della Fininvest, presidente del Milan, quasi che il suo successo, per osmosi, potesse trasmettersi ad ognuno di loro; che tutto ciò prevedesse un costo, un prezzo salato, non importava quasi a nessuno… in fondo la roba bella costa cara e in cambio del bengodi, dell’eldorado, bisognerà pure pagare qualcosa; in fondo, poi, sembrava pure che non si pagasse nulla, che le singole tasche non si sarebbero alleggerite, perché il denaro pubblico, le istituzioni erano e sono ancora sentite come “altro” da sé. Pane e giochi circensi… ovvero riempi le case di decoder, trasmetti le partite e a nessuno importerà se uno dei principali produttori di ricevitori digitali è il fratello di quel presidente del consiglio che ha stabilito che i soldi di tutti (anche di chi non ha e non vuole il decoder) ne finanzino l’acquisto. Ecco, penso che il quadro fosse questo.
Credo però che oggi le cose siano molto diverse; credo che questa sconfitta elettorale e, per contraltare, questa nuova e forte riaffermazione della destra, abbiano caratteristiche nuove che, se non indagate fino in fondo, rischierebbero di nascondersi tra vecchie letture e abitudini autoreferenziali. Provo a spiegare, innanzitutto a me stesso, ciò che mi ribolle in pancia.
Il popolo che ha votato a destra, questa volta, è diverso dal popolo immobile e schiavo descritto da Toqueville… o meglio… non è solo questo, non è soprattutto questo. Certo che c’è e ci sarà sempre chi voterà DC (in qualsiasi nuova o vecchia forma) svendendo, per superficialità o interesse, anima e cervello in cambio di promesse di ordinata tranquillità e facile benessere. Certo che c’è anche oggi chi, sfruttando sogni e paure, si impadronisce della cosa pubblica per fini personali. Ma qualcosa mi dice che non è tutto qui; e non sono solo i numeri a dirlo, la quantità di voti alla Lega, l’annientamento delle sinistre, la perdita di voti al centro; è la qualità di quei voti, assolutamente interclassista e trasversale. Contrabbandare il voto a destra come “disvalore”, come voto stupido o eticamente compromesso è riduttivo e segnala una vecchia e radicata abitudine della sinistra: quella di dividere il mondo tra buoni, che hanno coscienza e sapere, e cattivi che o non hanno sapere o non hanno coscienza. Sono le scelte che sono buone o cattive, sono i programmi ad essere buoni o cattivi programmi e sono le idee, quando ci sono, ad essere buone o cattive idee.
Soprattutto non si può pensare che la dimensione del desiderio sia sempre e comunque sovrapponibile all’avidità, alla ricerca del successo facile, all’individualismo più sfrenato. Credo che crogiolarsi nella porcilaia del pensiero che ci troviamo davanti ad un popolo “egoista e coglione” sia un operazione di miope superbia. Crediamo veramente che a sinistra ci siano solo elettori buoni e consapevoli, crediamo veramente che la sinistra sia un modello di buon governo, di grandi idee, scelte coraggiose e atti generativi? Intendiamoci, non voglio assolutamente paragonare i brandelli dell’esperienza di governo ulivista con lo sfacelo politico e culturale della destra, ma la teoria e la prassi del meno peggio non solo ha stancato ma è francamente deboluccia.
Ci sono persone (e tante di quelle persone sono state e sarebbero pronte a votare a sinistra) che desiderano, semplicemente, hanno sogni e aspirazioni e sono stanche di sentirsi insultare da un intellighenzia di sinistra che dall’alto dei loft, dall’interno degli shadow-cabinet (sic!), ha ormai perso di vista il paese reale ed è ormai incapace di qualsiasi tipo di proposta credibile.
Ci sono persone che desiderano essere sicuri all’interno delle proprie città e dire loro che le statistiche non penalizzano gli extra comunitari, sbeffeggiarli rendendoli edotti del fatto che qualcuno li sta strumentalizzando, sorridere della loro paura che li rende ottusamente razzisti non serve quasi a nulla. Italiani o magrebini che siano i delinquenti ci sono quartieri invivibili, nei quali non ci sono loft per i quali occorre dare risposte. Chi esprime questo tipo di paura e di desiderio ha bisogno di risposte, non di prediche. Certo che occorre dare risposte diverse da quelle che la Lega elargisce loro a piene mani… ma quelle sono state le uniche risposte e quei cittadini si sono sentiti ascoltati. Molti degli intellettuali e dei politici di sinistra che pontificano attorno al multiculturalismo, quasi che la diversità fosse un valore in sé, abitano nelle zone più belle di Roma e Milano, hanno case che la gggente non potrà mai permettersi.
Ci sono persone che desiderano avere servizi per ciò che pagano, che si chiedono perché una regione come la Lombardia abbia qualche migliaio di dipendenti pubblici e la Sicilia ne conti 10 volte tanto, perché la Lombardia abbia un migliaio di netturbini e la Campania 18 mila… la sinistra ha speso tanto tempo, giustamente,a denunciare le storture del sistema sanitario Lombardo, sulla privatizzazione delle cliniche e dei laboratori, ma l’elettore medio comprende ancora meglio il fatto che un prostectomia costi al SSN 5.000 euro a Milano e 125.000 euro in provincia di Catania e che quella differenza la paga lui con il trasferimento del gettito fiscale dalla Lombardia alla Sicilia. Certo che la risposta non può essere quella della Lega o quella di Lombardo… ma quel bisogno di risposte, quel desiderio di giustizia va preso in carico. Non può essere, sempre, una questione di contesto, di cultura, di dimensioni macroeconomiche… è una questione di giustizia.
Sono solo esempi, di qualcosa che non torna.
E poi ci sono quelli come me… che desideravano e desiderano uno stato laico, nel quale non vi fossero privilegi e discriminazioni… che desideravano e desiderano uno stato più solidale e attento… che aspettano da anni riforme e scelte di senso… e che continuano ad aspettare risposte.
Io desidero, così come desiderano gli altri. Forse è vero che non tutti i desideri sono uguali, ma di certo non lo sono le risposte. Ma annullare i desideri non cancella il dovere della risposta.
Un’ultima immagine. Mi aspettavo che il governo Prodi compiesse scelte coraggiose in economia… quando ho visto che Bersani, come risposta, aumentava le licenze dei taxi ho capito che saremmo durati poco. La scorsa settimana i taxista romani hanno festeggiato insieme ad Alemanno, uno con la croce celtica, ma che fa parte di quella destra sociale che, su alcuni temi, sfida a sinistra il PD… questione di desideri…. e di risposte….
Un abbraccio. D

Anonimo ha detto...

Marina Balestra
E' vero è troppo comodo dire che la gente è cinica o cogliona, ma credo che sia altrettanto troppo semplicistico dire che i partiti della sinistra non hanno saputo interpretare per snobbismo i bisogni della gente. Suona come un gioco senza via d'uscita che vede o le colpe degli uni o quelle degli altri rimbalzarsi all'infinito. Forse è la societa, nel suo insieme di ruoli pubblici e privati che vive di bisogni e poco di desideri. Bisogni che qualcun'altro, in questo caso i politici di turno devono eliminare e vengono giudicati in base alla loro reale o presunta capacità di eliminarli (vedi come esempio, il bisogno di eliminare i rischi sociali, l'insicurezza economica,ecc). I desideri invece richiedono un percorso ed un progetto per essere appagati, o più realisticamente la capacità di disegnare una direzione che permetta di trattarli e di farli evolvere. E forse questo che manca non solo ai partiti di destra o di sinistra ma alla società e nel suo insieme e nelle sue varie articolazioni.

Igor Salomone ha detto...

ma che c'entra la categoria "desiderio" con la democrazia? questo è il punto. Ne ho parlato a proposito della categoria "bisogno", ma a maggior ragione la domanda si pone con quella di desiderio. E' forse lo specchio dei tempi il fatto che votare possa significare l'espressione di un desiderio. Una monentina lanciata nel pozzo dietro alle spalle. E poi sperem.

Per quello che mi riguarda il mio voto è espressione di un progetto comune, ora come sempre. Se invece ha ragione Davide, ed è possibilissimo sia così, ovvero che il processo della rappresentanza è finito in mano a chi da il voto a qualcuno in funzione della realizzazione di un proprio personale desiderio, allora la democrazia è finita. Sepolta. E può essere che dovesse compiersi in questo modo il suo ciclo.

Ma io sono ottimista e fiducioso per natura, inoltre sono di indole guerriera e i guerrieri combattono sino all'utlimo respiro. Dunque preferisco credere che la democrazia, invece che defunta, non si sia ancora fino in fondo inverata. E che per inverarla occorra un grande porocesso di apprendimento collettivo, che non deve iniziare ma deve evitare di interrompersi.

Votare è un diritto, mi hanno insegnato, ma anche un dovere, mi hanno insegnato anche questo. Di conseguenza implica una responsabilità e una capacità. La prima va assunta e va detto a chi non lo fa che deve assumersela, dunque non può limitarsi a dire che ha votato per questo o quello perchè gli fa comodo. Questa non è responsabilità. La seconda, la capacità, va appresa, con umiltà e dedizione.

Un tempo, prima del suffragio universale, si riteneva che gli ignoranti non potessero avere diritto di voto. Quel tempo è finito, al momento e per fortuna. Ma il diritto di voto per tutti, analfabeti compresi, non legittima affatto l'ignoranza su cosa sia il voto stesso. E chi crede che votare significhi scambiare un favore con un altro, ignora totalmente cosa significhi dare il proprio voto in una democrazia. Oppure lo sa, ma è in malafede.

Igor Salomone

Anonimo ha detto...

A Marina dico che il punto non era e non è certo quello di giocare a ping-pong con le responsabilità, gioco che produrrebbe l'odiosa situazione del "tutti colpevoli, nessun colpevole". Hai ragione, penso che sia mancata la capacità progettuale di elaborare i desideri. A fronte di chi li ha strumentalizzati, credo ci sia stata, però, la responsabilità di chi li ha troppo in fretta liquidati, pro-gettando un qualcosa forse povero di ancoraggi. Certo, penso che sia un lavoro di recupero che va portato avanti casa per casa, all'interno del tessuto sociale... ma penso che se ancora una volta non ci si preoccuperà della dimensione del desiderio, per elaborarla, per farla evolvere, comprendendola, il rischio è quello di continuare a fare ottime analisi e letture ma di non produrre azioni significativamente incisive.

A Igor dico che mi inquieta un poco la rigidità con la quale liquida la questione del desiderio, ancora una volta come fosse questione di superficialità (la monetina del pozzo), contrapposta all'imperativo morale della responsabilità. Anche Kant aveva il cielo stellato... per costruire un futuro (o, come dici tu, un progetto)a volte occorre prima sognarlo.
Il desiderio e la responsabilità sono legati... è proprio quando ad un desiderio non corrisponde la responsabilità della sua inverazione che nascono i problemi... non perchè il desiderio sia vacuo o irresponsabile in quanto tale, ma perchè sia chi esaudisce con ricette immediate, facili e strumentali qualunque desiderio, sia chi non se ne cura in nome di una pretesa virilità pragmatica del concetto di responsabilità, perde di vista il legame che li unisce.
Perchè per realizzare un sogno (o un desiderio)occorre prima svegliarsi.
Rivendico il fatto che la responsabilità si gioca anche e soprattutto nella capacità di far evolvere i propri e gli altrui desideri... liquidarli non aiuta.

Se la democrazia non è defunta e ci tocca però rianimarla, occorre recuperare fino in fondo il concetto di demos, perchè se la dittatura (economico-televisiva)non è certo tra i miei desideri, non lo è neanche l'oligarchia dei saggi, degli illuminati.

un abbraccio. D

Anonimo ha detto...

Probabilmente non c'entra molto con la citazione. Volevo solo dire che i rappresentanti scelti nel Governo-ombra, mi hanno deluso.
Avrei apprezzato un maggiore coraggio da parte di Veltroni (che stimo)e un qualche scatto di "eccellenza" in più.
Non sapevo a chi dirlo, e lo dico a voi!
Carlo

Anonimo ha detto...

Marina Balestra
Condivido questa volta in toto il pensiero di Davide, ed aggiungo che se confiniamo la dimensione dei desiderio nella categoria dei vissuti e non la assumiamo anche come motore delle spinte sociali rischiamo d vedere la morale solo come dovere verso l'altro e non come piacere del'altro, e il processo di rappresentanza fondamentale in una democrazia come espressione di ciò che c'è in gioco e non anche di chi è in gioco

Igor Salomone ha detto...

EVVIVA!! finalmente un dibattito! e ci è voluto che scrivessi qualcosa di getto, senza tante sottigliezze, di pancia diciamo, perchè il contraddittorio nascesse. Bene.

Ora provo ad approfondire. Chi mi conosce, e sia Marina sia Davide mi conoscono bene, sa che il desiderio ha un ruolo importante nella mia vita. Insieme ai sogni, ai progetti, alle speranze. Concordo anche con molte delle cose che dice Davide sulle risposte mancate dalla sinistra attorno a problemi reali sentiti da tutti in modo trasversale. Ma le parole sono importanti e far ruotare l'analisi attorno al concetto di "desiderio" mi preoccupa.

Un desiderio, come un sogno, è insindacabile, incommensurabile, ingiudicabile. Che parametri abbiamo per decidere quali desideri siano giusti e quali sbagliati? Il desiderio di Davide di avere uno stato solidale vale quanto quello di chi desidera essere "padrone in casa propria", allargando il concetto di "casa" a un'intera valle. Il mio desiderio di avere un'informazione libera vale quello di Berlusconi di essere libero di informare come gli pare e piace. Quello dei desideri è un piano di grande spessore nelle relazioni interpersonali, nelle espressioni artistiche, negli studi degli psicoterapeuti, ma nel governo della cosa pubblica è l'anticamera del disastro. Perchè cela, mistifica, occulta il vero nocciole del problema: il potere relativo che ognuno ha di soddisfare i propri desideri a discapito dei desideri altrui.

Gli elettori di centro destra non sono stupidi e neppure meschini, ma hanno scelto di far rappresentare la parte peggiore di sè dalla parte peggiore di questo Paese. E proprio perchè la parte peggiore di questo Paese ha parlato ai loro desideri e alle loro paure. E se pensiamo di poter battere sul loro terreno quelli che della rincorsa al desiderio hanno fatto un’arte e costruito imperi, possiamo anche dichiararci sconfitti e chiuderla lì.

Per questo ho posto l’accento sulla responsabilità. La Giustizia non può essere il desiderio di nessuno, altrimenti il desiderio del ladro varrà quello del derubato. La Sicurezza non può essere il desiderio di nessuno, altrimenti si finisce come in Sud America con città ricche e fortificate e intorno gente affamata che preme alle porte. Giustizia e Sicurezza o sono valori o sono parole vuote brandite da chi vuole la propria giustizia e la propria sicurezza. Giustizia e Sicurezza sono valori e in quanto tali sono diritti di tutti e, per esserlo, devono essere doveri di ognuno. Nel senso che non si possono garantire se ognuno non si assume la responsabilità di garantirli al proprio prossimo.

A voi...