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sabato 27 marzo 2010

Dichiarazione di voto


Ho già detto che voterò contro? forse, non importa, val la pena ripeterlo semmai qualcuno voglia farsi convincere in extremis dalla mia personale campagna elettorale. Dunque, voterò contro.

Voterò contro, innanzitutto, a tutti quelli sempre pronti a farti la morale sulla necessità di esprimere un’opinione in positivo, ovvero per questa o quell’idea, per questa o quella persona. Lo farei, solo potessi riconoscermi nelle idee e nelle persone che troverò sulla scheda. Ma non è questo il punto. Io sono un cittadino e non è mio il compito di proporre. A me spetta di scegliere tra le proposte disponibili e se tra queste non ce n’è che mi aggradi, ho il dovere di dirlo. Poichè al momento l’unica possibilità che abbia per poterlo dire è con il voto, il mio voto dovrà affermare che tutto quello che ho a disposizione non mi sta bene, che non voglio scegliere il meno peggio, che voglio poter non scegliere e dire che il menù sottopostomi fa schifo. Dunque per poter votare contro, non dovrei andare a votare.

Devo però votare anche e soprattutto contro questo governo, anzi, contro questo sistema di potere che domina da sedici anni, che sta facendo a pezzi la nostra democrazia, che mi fa vergognare ogni giorno di essere un cittadino di questo Paese. Mai, in tutta la mia vita, ho sentito scendere più in basso il senso del bene comune, del rispetto delle regole, della dignità di ognuno, dei diritti universali, della responsabilità individuale verso ciò che è di tutti. Questo governo, questa classe politica, questa cultura di potere devono essere spazzate via e poichè non ci riusciremo, dovremo attenderne il collasso. Che potrebbe anche essere vicino, più vicino di quanto non sospettiamo. Dunque non potrò astenermi dal voto se voglio votare contro, perchè l’astensionismo va sempre a favore del potere. Sempre nella storia e ovunque.

Dunque dovrei andare a votare, per poter votare contro questo governo, ma non dovrei andare a votare perchè nessun altro mi dà affidamento. Quindi se voto, do un sostegno a chi non vorrei darlo, se non voto non mi oppongo a chi vorrei vedere mandato a casa. Conclusione: preferisco sostenere chi non mi convince, piuttosto che sentirmi in qualche modo complice di chi mi ha già da tempo convinto essere la peggior jattura sia potuta capitare all’Italia dopo il ventennio fascista.

Quindi andrò a votare perchè è un atto di resistenza imprescindibile contro Berlusconi e la sua cricca, e voterò un partito che non sia al governo (dire "dell'opposizione" è una parola troppo grossa). E dovendo votare un partito non al governo, voterò quello più numeroso perchè se ne votassi un altro mi sentirei complice di Berlusconi quando dirà che a lui non c'è alternativa. Che al momento è vero, ma non sopporterei di dargli ragione. E votando il partito più numeroso non al governo, che voterò essenzialmente per questa sua qualità, non essere attualmente al governo, darò la mia preferenza alla persona più lontana possibile dal suo apparato. Che è ciò che dovrà crollare assieme a Berlusconi, se vorremo veramente uscire dal berlusconismo.

Per questo voterò Pd. Per questo metterò la mia croce sul nome più sconosciuto mi riuscirà di trovare sulla sua lista. Certo, fossi nel Lazio o in Puglia, sarebbe molto più semplice, invece mi tocca di votare in Lombardia, ma a ben vedere, il senso del voto sarebbe il medesimo.



domenica 21 marzo 2010

Quando manifestare è un abuso di potere


“Manifestare” significa rendere visibile qualcosa. Le “Manifestazioni di piazza” lo fanno in uno spazio pubblico, ovvero di tutti. Infatti, occorre chiedere dei permessi. Le manifestazioni di piazza, poi, o sono celebrative o sono “contro”. Nel primo caso rendono manifesto un sentire collettivo attorno a una ricorrenza, a un’Istituzione o altro, nel secondo rendono manifesto un dissenso. Nessuno dei due casi attiene alla manifestazione del Pdl di sabato 20 febbraio a Roma, in piazza San Giovanni.


Dunque il balletto dei numeri è del tutto fuori luogo. Chissenefrega se erano milioni o migliaia? comunque fosse, tanti o pochi, erano abusivi. E mi spiace che Eugenio Scalfari abbia titolato il suo editoriale odierno: “Bella piazza”. Bella piazza un cazzo.


In piazza ci vanno i cittadini quando non trovano altro modo di esprimere il loro disagio, il loro disaccordo, la loro presa di distanza nei confronti del potere.


In piazza ci vanno le categorie sociali per rendere visibile a tutti i problemi ai quali chi detiene il potere dovrebbe trovare una soluzione ma non si decide o non vuole farlo.


In piazza, al massimo, ci vanno le forze politiche d’opposizione quando non riescono ad assolvere al proprio compito nelle sedi istituzionali e provano a riprendere un contatto diretto con i propri elettori.


In piazza non ci va il Governo in carica.


Chi governa ha ovviamente pieno diritto di “manifestare” il proprio operato. E può, anzi deve, farlo attraverso i propri atti. Può anche scegliere strategie di comunicazione adeguate per farli conoscere meglio e più capillarmente. Può infine rilasciare interviste, scrivere documenti, organizzare convegni e seminari per difendersi dagli attacchi politici che l’opposizione, le categorie sociali e I cittadini esprimono. Ma NON può manifestare in piazza. Non in una democrazia, per lo meno. Nemmeno in quel poco di democrazia che stentatamente sopravvive nel nostro Paese. Se lo fa è abuso di potere. Perchè è chi il potere non ce l’ha che legittimamente necessita di far sentire la propria voce. Chi invece il potere ce l’ha già e pretende di far sentire la propria voce nello spazio pubblico della piazza, lo fa con l’intento di chiedere una conferma per acclamazione. E’ accaduto molte volte nella storia, del resto e il potere che è sceso in piazza per affermare se stesso si chiamava a seconda dei casi e dei luoghi Fascismo, Nazismo, Stalinismo, Peronismo.


Piantiamola dunque con i numeri. Piantiamola anche per favore con il minuetto delle “belle piazze” perchè se c’è gente in piazza va sempre bene (do you remember Norimberga?). E piantiamola anche con la stanca diatriba attorno alla qualifica di regime o meno che andrebbe attribuito al sistema di potere messo in piedi da Berlusconi & C. Un sistema di potere che governa e porta in piazza milioni di suoi sostenitori, anzi che dice di portare milioni di suoi sostenitori in piazza che è molto peggio, se non è un regime, sta facendo di tutto per diventarlo. Prendiamone una volta per tutte atto.

lunedì 15 marzo 2010

Berlusconite pandemica: attesa una moria generalizzata di elettori


Secondo il Presidente Silvio Berlusconi, la democrazia funziona più o meno così: il Popolo elegge un Capo, dopodichè il Capo eletto dal Popolo governa senza che il Popolo rompa le scatole. Virgola più, virgola meno. Se lo fa, rischia di essere accusato di lesa Maestà. Sin qui sono cose risapute e fatti accertati.


Ma non considero Silvio Berlusconi così sprovveduto da credere sul serio che questa sia la Democrazia. Sa però che per una larga porzione di quello che lui chiama “popolo”, la meno avveduta, la più debole, la meno acculturata, la più condizionata dalla cultura televisiva, questo modo di vedere la Democrazia è il più semplice e il più comprensibile. E lui se ne è fatto il paladino, accogliendo quel modo semplice e ingenuo di pensare e utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione per propagarlo. Come un’infezione.


Ora, a meno di due settimane dalle elezioni, sento sempre più frequentemente dire che non vale la pena andare a votare. Non cambia nulla. Son tutti uguali. Non c’è alternativa perchè non esiste un leader uguale e contrario a Berlusconi. Potrei andare avanti a lungo. Sono argomenti diffusi, alcuni nuovi altri vecchi come il cucco, ma sempre buoni per l’occasione. Tutti, in ogni caso, evidentemente sintomi della Berlusconite pandemica.


Non è questione di “fare il gioco dell’avversario”. Sono idiozie antiche sulle quali ogni tipo di sinistra si è lacerata dalla Prima Internazionale in poi. Dunque piantiamola, non è che non andare a votare faccia il gioco di Berlusconi, chissenefrega alla fine, ognuno faccia poi il gioco di chi vuole e non è affatto semplice capire sul serio per chi si stia giocando. Il punto è rendersi conto delle laceranti contraddizioni che la Berlusconite pandemica produce per l’intelligenza di ognuno, provocando stati febbrili persistenti, nausea, vomito, perdita dell’orientamento, in casi non rari paralisi cognitiva che può essere seguita rapidamente da morte civile.


Sostenere il non voto perchè tanto non serve, è esattamente il cuore dell’ethos collettivo prodotto dal contagio berlusconiano. Se si è infetti da tempo da quel virus, al punto da essere ormai diventati ospiti del medesimo senza possibilità di guarigione, il comportamento di non voto è comprensibile, ma chi si ritiene ancora in qualche modo sano e non contagiato, ha il dovere di guardare con attenzione a ogni sintomo che potrebbe manifestarsi nel proprio comportamento.


L’impulso a non votare convinti che il voto non serva a nulla, insomma, è il primo sintomo della Berlusconite pandemica che si aggira dentro di noi. Occorre attivare con energia le proprie difese immunitarie con robuste iniezioni di intelligenza. Non serve a nulla convincersi del contrario: che il voto serva a qualcosa. Non si deve andare a votare perchè il voto serve a qualcosa, ma per affermare la propria immunità acquisita. Lo slogan è: io voto per la Democrazia perchè sono sano.

sabato 13 marzo 2010

Signor Presidente, può star fermo un attimo?

Signor Presidente, abbia pazienza ma così non va! Sono mesi che partecipo a manifestazioni indette per protestare contro fattacci che La riguardano che risultano già superati, al momento della manifestazione, da fattacci nuovi e peggiori. Non si fa così, dai.


Forse Lei non lo sa, anzi sicuramente no perchè non è certamente avvezzo a esperienze di questo genere, ma le manifestazioni di protesta costano, sono faticose da organizzare, i temi devono essere concordati tra chi le convoca e spesso sono il risultato di equilibri difficili. Lei non può continuamente minacciare tutto questo lavoro, facendole invecchiare appena nate!


Insomma, ormai siamo alle iniziative just in time. Una volta ci volevano mesi prima di arrivare in piazza, infatti il Pd ci arriva ora ma la manifestazione aveva iniziato a pensarla all’indomani della suo terzo insediamento a Palazzo Chigi. Cosa vuole, le grandi organizzazioni hanno i loro tempi. Il Popolo Viola alla fine è nato per stare sul pezzo, come si dice. Ma Lei è sempre oltre.


Finirà che dovremo inventarci le manifestazioni in bianco, come gli assegni. Ne firmiamo una con una data e una piazza a caso, magari scelte consultando il meteo, il calendario delle festività, quello dei vari campionati di calcio e l’oroscopo, senza sapere “contro” cosa la faremo. Poi, nel giorno previsto, compriamo I giornali e decidiamo...


Non so quando ci farà l’immenso piacere collettivo di togliersi dai piedi, signor Presidente, ma una cosa è certa: la nostra creatività democratica sarà splendidamente maturata. Grazie a Lei.




venerdì 12 marzo 2010

L'arroganza al potere

Ecco, dico, bastava che parcheggiassi mezzo metro più in là. Di spazio ne avevi. E se parcheggiavi mezzo metro più in là, io facevo molta meno fatica a entrare. Ma non l'hai fatto. Ci voleva ti chiedessi se lasciare l'auto in quel modo avrebbe intralciato qualche tuo simile. Non te lo sei chiesto, evidentemente. Confesso sia l'odio sia il pregiudizio, ho pensato immediatamente che dovevi essere un berlusconiano. Che ormai sembra di essere nella saga di Star Trek. Avete presente i Berlusconiani? quelli in doppio petto e dentatura epifanica? Lo so, stereotipi, colpa certamente del mio passato comunista.

Dopotutto, accidenti quanti dopotutto mi sentirò dire, quelli che parcheggiano come gli pare fottendosene del fatto che anche gli altri devono entrare e uscire dai parcheggi, ci sono sempre stati. Probabilmente i primi furono Benz e il suo compare, quelli che hanno messo insieme la prima automobile con il motore a scoppio. Figuriamoci. Che centra Berlusconi? E' uno stramaledetto vizio quello di attribuire a quell'uomo tutti i mali del nostro Paese.

Giusto, giusto. Meglio non dimenticarsi mai che il peggio di questa nostra società ha sempre avuto grande spazio, dai vertici del potere giù giù sino all'ultimo automobilista tronfio e arrogante. Che centra Berlusconi, scusa? Centra che da quando c'è lui, il bastardo automobilista tronfio e arrogante, è anche convinto di avere ragione e lo dichiara pubblicamente. Ecco cosa è cambiato. Difendersi da prepotenti ed egoisti è già difficile, ma se qualcuno li convince di essere dalla parte della ragione, anzi della Libertà, anzi, dell'Amore, allora il gioco si fa veramente duro.

E sì, lo confesso nuovamente: sono prevenuto. E me ne vanto.


Il voto e il vuoto

Il figlio diciottenne: "8 milioni di persone vedono il Grande Fratello! Sono tutti coglioni secondo voi?!?". Margerita Buy e Michele Placido nei panni della madre e del padre: "SI!" (Genitori e figli. Istruzioni per l'uso. Nelle sale)
Stamattina all'edicola ho scoperto che esiste anche la rivista del Grande Fratello. Co
n sgomento. Ora, la Costituzione impone che ogni testa equivalga a un voto. Difenderei la Costituzione con la vita se fosse necessario. Ma il diriitto di ogni testa a esprimere il proprio voto, non implica il diritto di ogni testa a veder riconosciuta l'intelligenza che dovrebbe contenere. Quello va dimostrata.

Riuscirci con la rivista del Grande Fratello in mano è arduo, ma non impossibile. Attendiamo fiduciosi.

giovedì 4 marzo 2010

Formigoni è ineleggibile comunque! Non dimentichiamolo...



“Sottomettersi alle regole condivise, in una collettività, non è forma. E’ sostanza”

Lidia Ravera, l’Unità, 4 marzo 2010


Appunto, ma tra Polverini e polveroni, stiamo perdendo di vista che la regola condivisa alla quale il Pdl non si è sottomesso, almeno in Lombardia, non è la regolarità delle firme, ma la regolarità della candidatura. Formigoni è ineleggibile per la legge del 2004, un esposto in proposito è già pronto, ma ora che succederà?


Si danno solo due possibilità. La prima è che non possa proprio presentarsi per la questione firme. In questo caso non lo avremmo come Governatore ma lui e i suoi potranno fare le vittime all’infinito, magari chiedendo l’invalidazione delle elezioni per poi ripresentarsi, illegalmente comunque, vincere sull’onda emotiva e diventando così letteralmente intoccabile. La seconda è che il Tar o un qualche decreto ad hoc, lo faccia rientrare in corsa, pienamente legittimato a partecipare e, una volta eletto, chi se la sentirebbe di denunciare l’illegalità della sua rielezione? E diventerebbe anche in questo caso, letteralmente intoccabile.


Piantiamola di solidarizzare con Formigoni perchè abbiamo bisogno di un avversario per fare le elezioni, per favore. Si faccia da parte una volta per tutte. Denunciamone l'ineleggibilità indipendentemente dalle firme raccolte o meno. E prima che qualche simpaticone, invece di rispondere nel merito, me la meni con Errani in Emilia Romagna che si trova nella medesima condizione ma è del centrosinistra, non posso che sollecitare i cittadini di quella Regione a preparare anche loro un esposto da consegnare alle Autorità per chiedere il suo ritiro. La Legge è uguale per tutti. Oppure non ha senso.



lunedì 1 marzo 2010

Esercizi di democrazia


Di ritorno da Piazza del Popolo. Il secondo ritorno da Roma. E’ servito andare? è servito succhiarsi quindici ore di pullman per andare a gridare in piazza cose tipo Resistenza! Resistenza! o Legittimo un cazzo! o Chi non salta Berlusconi è!....? Per qualcuno no. Prendete Lo Piccolo sull’Unità di ieri per esempio. Del resto c’è sempre qualcuno con una quota depressiva eccedente nelle tasche che, avendone l’opportunità, il movente e l’arma, aspetta che qualcosa accada per ammazzarla subito dopo.

Ma non eravamo neppure in centomila! Anch’io, lo ammetto, mi sono inerpicato su per la salita che conduce al Pincio per sbirciare il colpo d’occhio nella speranza di veder gremita la piazza in ogni suo recesso. Vero, non era gremita in ogni suo recesso. Poi, più tardi, sul palco qualcuno ha gridato un bel “chissenefrega” alla litania dei numeri. E mi sono ricordato che meno di un mese prima, il 30 gennaio per l’esattezza, durante il sit-in in difesa della Costituzione avevo detto che mica dovevamo riempire Milano come si era riempita Piazza S.Giovanni il 5 dicembre. Anche poche centinaia di persone mobilitate in tutte le piazze d’Italia, avrebbero avuto il loro senso. Dunque perchè decine di migliaia in Piazza del Popolo il 27 febbraio non dovrebbero essere sufficienti? già, perchè...?

Forse siamo prigionieri di una logica politica fossile, già pietrificata negli strati profondi della geostoriografia, ma ancora ben salda nei nostri cuori: se vogliamo vincere dobbiamo essere in tanti. Ecco. E’ questo il retropensiero fastidioso. Come lo buttiamo giù Berlusconi? solo se siamo in tanti. Alla fine non c’è una differenza sostanziale tra chi tuona di alleanze elettorali a ogni costo e chi trepida per portare milioni di cittadini in piazza a ogni chiamata. E il bello che così il regime continua a darsi ragione: vedete? non siete abbastanza, dunque restate a cuccia e aspettate il vostro turno. Magari fra uno o due decenni.

Vero, difficile scrollarsi di dosso questo sogno. Chi, essendo contro questo blocco sociale, economico e politico e ideologico, non fantastica folle pacifiche inondare le strade e le piazze di tutto il Paese armate solo di fiori e capaci, con il sorriso e la perseveranza, di costringere l’intera classe politica a rassegnare le dimissioni, magari chiedendo scusa? I sogni son gratuiti del resto, e almeno questo è pulito e non egoista.

Ma i regimi non finiscono così. I regimi implodono su se stessi. Le spallate delle piazze servono certo, ma arrivano spontanee quando il crollo è già in atto. Dunque a che è servito andare in Piazza del Popolo il 27 febbraio? o in Piazza S.Giovanni il 5 dicembre scorso? o in cento piazze il 30 gennaio per la Costituzione? o ai presidi permanenti davanti ai Tribunali o davanti a Montecitorio? A nulla, sembrerebbe, se lo scopo fosse far cadere attivamente il governo Berlusconi. A tutto, provo a sostenere, se lo scopo è quello di prepararsi al suo più o meno imminente crollo.

Quel che conta di Piazza del Popolo-27 febbraio, in definitiva, non è quanta gente ci fosse e nemmeno “chi” ci fosse. Quel che conta è come è nata questa manifestazione, come è stata pensata, organizzata, promossa, discussa, osteggiata, sostenuta, pagata, vissuta e poi ancora discussa, svalutata, valorizzata, ri-pensata e ri-lanciata. Quando un regime sta per cadere, occorre preparare il nuovo. Quel nuovo che, minoritario sino a poco tempo prima, si candiderà a guidare il dopo. Dunque è questo che andrà visto, analizzato e progettato: tutti i movimenti variamente colorati che in questo momento si stanno incalzando l’un l’altro per far sentire la voce di un mondo reso afasico e invisibile dal regime in corso, stanno insieme compiendo dei veri e propri esercizi di democrazia. Il valore di ogni azione prodotta nel corso di questi esercizi, non misuriamolo per favore in densità per metro quadro. Misuriamolo in quantità di differenza che riescono a produrre - in termini di partecipazione, intelligenza collettiva, valori espressi, attenzione al bene comune, contemporaneità, trasversalità generazionale - rispetto al mondo in dissoluzione che si candidano a sostituire.