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lunedì 1 marzo 2010

Esercizi di democrazia


Di ritorno da Piazza del Popolo. Il secondo ritorno da Roma. E’ servito andare? è servito succhiarsi quindici ore di pullman per andare a gridare in piazza cose tipo Resistenza! Resistenza! o Legittimo un cazzo! o Chi non salta Berlusconi è!....? Per qualcuno no. Prendete Lo Piccolo sull’Unità di ieri per esempio. Del resto c’è sempre qualcuno con una quota depressiva eccedente nelle tasche che, avendone l’opportunità, il movente e l’arma, aspetta che qualcosa accada per ammazzarla subito dopo.

Ma non eravamo neppure in centomila! Anch’io, lo ammetto, mi sono inerpicato su per la salita che conduce al Pincio per sbirciare il colpo d’occhio nella speranza di veder gremita la piazza in ogni suo recesso. Vero, non era gremita in ogni suo recesso. Poi, più tardi, sul palco qualcuno ha gridato un bel “chissenefrega” alla litania dei numeri. E mi sono ricordato che meno di un mese prima, il 30 gennaio per l’esattezza, durante il sit-in in difesa della Costituzione avevo detto che mica dovevamo riempire Milano come si era riempita Piazza S.Giovanni il 5 dicembre. Anche poche centinaia di persone mobilitate in tutte le piazze d’Italia, avrebbero avuto il loro senso. Dunque perchè decine di migliaia in Piazza del Popolo il 27 febbraio non dovrebbero essere sufficienti? già, perchè...?

Forse siamo prigionieri di una logica politica fossile, già pietrificata negli strati profondi della geostoriografia, ma ancora ben salda nei nostri cuori: se vogliamo vincere dobbiamo essere in tanti. Ecco. E’ questo il retropensiero fastidioso. Come lo buttiamo giù Berlusconi? solo se siamo in tanti. Alla fine non c’è una differenza sostanziale tra chi tuona di alleanze elettorali a ogni costo e chi trepida per portare milioni di cittadini in piazza a ogni chiamata. E il bello che così il regime continua a darsi ragione: vedete? non siete abbastanza, dunque restate a cuccia e aspettate il vostro turno. Magari fra uno o due decenni.

Vero, difficile scrollarsi di dosso questo sogno. Chi, essendo contro questo blocco sociale, economico e politico e ideologico, non fantastica folle pacifiche inondare le strade e le piazze di tutto il Paese armate solo di fiori e capaci, con il sorriso e la perseveranza, di costringere l’intera classe politica a rassegnare le dimissioni, magari chiedendo scusa? I sogni son gratuiti del resto, e almeno questo è pulito e non egoista.

Ma i regimi non finiscono così. I regimi implodono su se stessi. Le spallate delle piazze servono certo, ma arrivano spontanee quando il crollo è già in atto. Dunque a che è servito andare in Piazza del Popolo il 27 febbraio? o in Piazza S.Giovanni il 5 dicembre scorso? o in cento piazze il 30 gennaio per la Costituzione? o ai presidi permanenti davanti ai Tribunali o davanti a Montecitorio? A nulla, sembrerebbe, se lo scopo fosse far cadere attivamente il governo Berlusconi. A tutto, provo a sostenere, se lo scopo è quello di prepararsi al suo più o meno imminente crollo.

Quel che conta di Piazza del Popolo-27 febbraio, in definitiva, non è quanta gente ci fosse e nemmeno “chi” ci fosse. Quel che conta è come è nata questa manifestazione, come è stata pensata, organizzata, promossa, discussa, osteggiata, sostenuta, pagata, vissuta e poi ancora discussa, svalutata, valorizzata, ri-pensata e ri-lanciata. Quando un regime sta per cadere, occorre preparare il nuovo. Quel nuovo che, minoritario sino a poco tempo prima, si candiderà a guidare il dopo. Dunque è questo che andrà visto, analizzato e progettato: tutti i movimenti variamente colorati che in questo momento si stanno incalzando l’un l’altro per far sentire la voce di un mondo reso afasico e invisibile dal regime in corso, stanno insieme compiendo dei veri e propri esercizi di democrazia. Il valore di ogni azione prodotta nel corso di questi esercizi, non misuriamolo per favore in densità per metro quadro. Misuriamolo in quantità di differenza che riescono a produrre - in termini di partecipazione, intelligenza collettiva, valori espressi, attenzione al bene comune, contemporaneità, trasversalità generazionale - rispetto al mondo in dissoluzione che si candidano a sostituire.


1 commento:

Roberta Viola Passerini ha detto...

l'ho postato anche qui, sul ning ONDA VIOLA

http://ondaviola.ning.com/profiles/blogs/riflessioni-sul-27-febbraio