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domenica 25 maggio 2008

Caro Uòlter, cosa c'è che non mi quadra?

Ok Uòlter, ti ho letto ancora. E con attenzione. Grazie all'inserto odierno dell'Unità. Ancora una volta devo manifestare la mia ammirazione per te e il sostegno a quello che dici. Però. Però perché qualcosa non mi torna?

Parli delle crisi che attraversiamo, la crisi di crescita, la crisi di sicurezza, la crisi di valori. Ok. Ci sono e sono convinto che siano problemi prioritari, nemici da battere quasi. Ma mi manca qualcosa in questi discorsi. Mi manca sempre qualcosa.

Mi manca di non sentir parlare della crisi di Libertà che ci riguarda tutti. O è compresa nel pacchetto-crisi di cui sopra? È una conseguenza? Un effetto collaterale? Non è che sarà una causa e ce la stiamo dimenticando? Io mi sento sempre meno libero, e non solo perché mi sento meno sicuro. No, mi sento sempre meno libero perché ho sempre meno possibilità di esprimere ciò che penso e di farmi ascoltare da qualcuno.

Mi manca di non sentir parlare della crisi di Virtù. Che non è la stessa cosa della crisi dei valori. Certo, due cose intrecciate, ma non la stessa. Anzi, è stupefacente che si parli molto dei valori in seria difficoltà, ma che la stessa nozione di “virtù” appaia così vecchia, quasi improponibile. Sarà un caso che anche quella opposta di “vizio” sia scomparsa? Tutto appare definirsi nella vasta arena del consenso, e quello che è giusto per la maggioranza, ispo facto diventa Giusto. Io non sento porre all’ordine del giorno la necessità di comportarsi secondo virtù. Di conseguenza non sento neppure aperta la possibilità di chiederne conto a quelli che incontro. Posso farlo solo tra me e me. In solitaria. Ma che senso ha una virtù praticata, se è una virtù invisibile?

Mi manca infine di non sentir parlare della crisi di Intelligenza. Non perché dilaghiamo in un mare di ignoranza: l’ignoranza è il contrario della conoscenza, non dell’intelligenza. L’intelligenza, invece, è la volontà di applicarsi alle cose cercando di capirle. Ecco, io mi sento oppresso dall’ipointelligenza, ovvero dall’abitudine premiata di applicare a qualsivoglia problema il quantitativo minore di intelligenza possibile. E intravedo all’orizzonte l’approssimarsi trionfale dell’antiintelligenza, ovvero della volontà attiva di combattere ogni forma di intelligenza possibile. E non sarebbe la prima volta nella storia.

Ho confessato tutto questo a un amico. Mi ha risposto saggiamente che tutte queste cose anche se non sono direttamente nominate, nelle tue parole caro Uòlter, ci sono, perché tu le pratichi. E ne sono felice, so perché ti stimo. Ma non so se mi posso accontentare della tua libertà, della tua virtù e della tua intelligenza. Io vorrei che grazie a queste qualità, tu provassi a dire che ci tieni e combatti anche per la libertà, la virtù e l’intelligenza del sottoscritto. E, con me, di tutti gli Italiani.

Con stima e affetto
Igor Salomone

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