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domenica 20 aprile 2008

Voto e sentimenti

Non credo che i sentimenti, belli o brutti, siano di destra o di sinistra. I sentimenti sono tutti legittimi e non si possono considerare né “giusti” né “sbagliati”. Non credo quindi che aver paura e provare ostilità per chi senti possa costituire una minaccia, possano essere considerati un’anima irrisolta della sinistra, come sembra suggerire Marina nel commento al post “Diritto e ragione”. Non più, per lo meno, di quanto non lo siano del credente, dell’anziano, del giovane, della donna o dell’imprenditore del nord-est, perché ostilità e paura fanno parte dell’anima di ognuno di noi.

Sono le scelte che si compiono a partire dai sentimenti, compresa quella fondamentale di privilegiarne alcuni, ad esempio la paura per sè, rispetto ad altri, ad esempio la solidarietà per i propri simili, che introducono la responsabilità individuale. Ed è di questo che occorre chieder conto a chi ha dato in mano il Paese alla peggior destra che potessimo meritarci, solo per aver imboccato la strada della codardia, che non è l’aver paura, ma la scelta di far pagare le conseguenze della propria paura a tutti gli altri.

E se provassimo a chiamare “sinistra”, al contrario, quella cosa capace di prendere in mano le ansie di milioni di persone, trasformandole in un progetto di crescita per tutti?


il cannocchiale

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Sentimenti....ragioni....pancia e testa....nel mio lavoro mi capita di incontrare persone, un buon numero, tutte con un percorso sofferto, impegnativo, più o meno "risolto".
E' da circa tre/quattro anni che la percezione di che cosa farne, di come cercare di trasformare (per quanto possibile) i vissuti più forti, emotivi, mi verrebbe da dire "primari", che incontro nelle persone stava cambiando.
Ho visto un crescendo di semplificazioni, di poca tolleranza non solo verso l'altro, ma anche verso sè, verso proprie parti di storia personale impegnative, "fastidiose", oggettivamente disturbanti. Non intendo dire che non sia normale, come reazione, in sè, intendo dire che ho visto cambiare radicalmente il modo di gestire i propri vissuti (anche nelle stesse persone). Io la leggo come un'involuzione. Come la ricerca di spostare altrove, di trovare scorciatoie, di rifiutare, di disconoscere i percorsi fatti: perchè sono lunghi (a volte troppo...è vero), faticosi. Ma, così facendo, buttando via, questa volta con una velocità e un'apparente facilità (forse incoscienza?) tutto: tutto quello costruito, guadagnato con fatica (e, allora, ancora più prezioso), i piccoli-grandi progressi sociali, culturali, ma direi soprattutto "umani".
Un esempio pratico: la lamentela della "burocrazia" verso il servizio (pubblico) in cui opero e l' aspettativa "magica" che, anche attraverso il voto, le cose cambieranno, configurandosi qualcosa di confusamente e beatamente rassicurante e felice.
Credo che non si rendano per nulla conto, che il rischio di non avere la burocrazia sia quello di non avere servizi! E' solo un esempio, ne potrei fare molti, purtroppo, e riferiti a persone che hanno fatto un percorso, che ho conosciuto dieci anni fa e la pensavano molto diversamente.
Monica

Anonimo ha detto...

Ma non trattare la paure e le paure non rischia di essere un boomerang, così come è stato?

a sinistra si è bollato come stupido tutto questo aver paura,(lo ABBIAMO fatto insieme e vorrei assumere la responsabilità di non averci pensato abbastanza, ma vorrei non essere la sola a farlo!) E lo abbiamo fatto senza osservare con maggiore attenzione che corpo e consistenza vi era in queste paure.

senza aver bene provato a capire chi e come aveva paura, e quanto e quando...

(igor) mi ha insegnato a dare all'altro la possibilità di confutarlo al livello più intelligente delle sue argomentazioni, ed è una riflessione che conservo preziosamente ....

per ciò che mi sento di dire che abbiamo svalutato la paura lasciando che alla paura desse risposta l'ala rassicurante offerta da destra e lega ... che diceva "stai tranquillo, ci sono io e ci penso io".

ma perchè non ci siamo detti che è lecito avere paura di un mondo che corre, per molti, più veloce di quanto non riesca a comprendere, in cui i riferimenti sono in crisi di mutazione mentre il sud/est del mondo ci sollecita con forza con richieste assai analoghe e al contempo con altre terribilmente dissimili da quelle che ci si fa ad occidente?

sono paure che (ci) parlano della svolta, della mutazione, del sentirsi fragili ed impreparati di fronte al turbinare delle cose.

paure che hanno una dignità e cui occorrerebbe una risposta più intelligente dell'ala consolatoria di destra, una risposta più complessa ma che permetta poi di usare questa paura.

provo a ritradurre un dato che potrebbe aiutarci:
la violenza sessuale di strada (non quella intrafamiliare che è altro capitolo)
magari è anche vero che è in aumenta da parte di uomini extracomunitari soli e disperati o anche solo stronzi (scusate!!) violentino le donne... e non solo perchè, come si dice, non c'è la certezza della pena in italia.

ma perchè non dovrebbero agire così?
magari perchè non hanno alle spalle la conoscenza delle lotte femministe, della lotta fatta perchè il delitto d'onore diventasse un reato e non un diritto, della lotta di dignità e liberazione delle donne.
sono stranieri anche perchè perchè si portano dietro valori e pure disperazioni diverse, perchè le loro donne sono lontane e noi non solo estranee ma anche troppo scoperte e disponibili per standard così diversi.
E' giusto farsi violentare?
ovvio che no.
non è giusta la violenza sessuale, non è giusto il razzismo, mentre è giusto potere uscire di sera tranquillamente, è giusto il diritto alla dignità di tutti.

ma il rispetto della cultura di chi arriva non deve poter convivere con la possibilità della minigonna ascellare? o con l'uscita serale di una donna sola?

ma se continuiamo a giocare al giochetto dell'extracomunitario è sempre e solo bello e ci dimentichiamo che è anche bello essere un donna degli anni 2000(dopo anni di lotte), o viceversa .. ci stiamo "fottendo" tutti e da soli, no?
ma se neghiamo una paura che è anche una fatica, una non comprensione, un sintomo di complessità ... siamo davvero persi.

monica mas

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo che l'intolleranza imperante ed espressa anche in queste elezioni riguardi non solo l'altro...ma è rivolta anche a se stessi.
Alle parti non "vincenti", alle parti deboli, che non "producono utile", alle parti impagnative, faticose.
Ma che modelli offriamo ai nostri figli? Ma sono discorsi che mi pare abbiamo poca audience, chi se ne frega di questi discorsi inutili, retorici (sic)...diceva Don Mazzi in una trasmissione radiofonica che "il popolino" deve essere aiutato a capire...ma se non vuole capire?
Do' ragione ad alcune femministe che dicevano che i cambiamenti per "passare" davvero devono coinvolgere anche il livello "simbolico" ovvero "tenere insieme" le diverse anime, quella concreta e quella dei valori, il "dire e il pensare" con il fare.
Altrimeni ti do' la Maternità perchè c'è la Legge, pero'....se potessi non farlo sarebbe molto meglio.
Siamo messi un po' male.

Anonimo ha detto...

ieri in una intervista a radio popolare filippo penati diceva cose simili a quelle che dicevo l'altro giorno, ossia che il centro sinistra non aveva saputo cogliere la complessità dei bisogni e delle paure espresse dalle persone che poi sarebbero diventati elettori (chiaramente lo diceva meglio, complessificando e argomentando con i dati).
è questa l'autocritica di cui la sinistra non ha bisogno? e di cui si parla nel post successivo?
è per questo che dobbiamo capire la forza attrativa del berlusca? e in modo stupefacente per me, della lega in queste elezioni?
se non ascoltiamo il nostro vicino di casa, che vota xxx e i suoi perchè come facciamo a capire?
in nome di cosa?
se ci perdiamo in un luogo non cerchiamo di ragionare su dove ci siamo mossi e insieme diguardare a tutte le tracce possibili che ci racconta quel territorio, cercando l'orientamento?

Igor Salomone ha detto...

l'ultimo commento cita Penati che avrebbe detto: "non abbiamo saputo cogliere al complessità dei bisogni degli elettori". Bene, non concordo, quello che non abbiamo fino in fondo valutato, ma non conta, dobbiamo valutarlo ora, è quante persone banalizzano i propri bisogni quando si vestono da elettori ed entrano nell'urna.
Il problema non è mia difettare di analisi da questa parti, è sempre trovarsi di fronte a delle semplificazioni estreme delle visioni del mondo dalle quali continuiamo a farci stupire.