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venerdì 25 aprile 2008

25 aprile: liberare la Testa dell’Elettore Vincente

Oggi credo di aver finalmente colto un tratto psicologico essenziale dell’Elettore Vincente. E mi sembra il giorno giusto, del resto. Ho inviato un sms collettivo per ricordare il 25 aprile e qualcuno, in risposta, ha balbettato qualcosa attorno ai partigiani che ci sarebbe molto da dire e che certo la Liberazione, ringraziamo gli Alleati che ci hanno salvato e comunque che lui ragiona con la sua testa! Quella del ragionare con la propria testa è una rivendicazione accorata che ho incontrato parecchie volte. Di solito pronunciata da chi, esclamandola, vuole chiuderla con le tue argomentazioni mettendoti a tacere. L’Elettore Vincente, a maggior ragione ora che ha vinto, sembra dire guarda che non mi incanti più con i soliti discorsi triti e ritriti della cultura comunista dominante, sono un sacco di palle con le quali ci hanno riempito per anni la testa, ma ora la mia è libera e pensa per conto suo, mentre la tua continua a essere imbesuita da quello che (quelli) ti vogliono fare credere. Segue di solito l’invito perentorio a svegliarsi e a crescere.

Ecco con chi abbiamo a che fare: con qualcuno convinto di essersi finalmente liberato dall’Oppressione. Ovvio che il 25 aprile gli interessi poco, si sta preparando a celebrare il 14 di aprile come giorno della Liberazione. Non importa se la prima schiavitù dalla quale si trova liberato è quella dell’intelligenza. Perché è proprio l’intelligenza la vittima sacrificale destinata ad essere immolata. Non l’intelligenza intesa come facoltà, ma come volontà di capire. Una volontà azzerata dalla convinzione ferrea di aver improvvisamente capito tutto, dimodochè si possa chiudere ogni discorso, perché appunto non c’è bisogno di capire più nulla. Questo, al fondo, è il senso celato dietro le parole veementi di chi ti rinfaccia di “ragionare con la propria testa”

Dunque è da qui che partirò per capire cosa voglia dire oggi Resistenza. Vuol dire, ancora una volta, opporsi alla notte della mente. Vuol dire ingaggiare battaglia strada per strada, casa per casa, ufficio per ufficio, costringendo chi si vanta di ragionare con la propria testa a farlo sul serio, cioè a ragionare liberamente con me, impedendogli di rinchiudersi nella propria testa, come se anch’io non ne avessi una degna di incontrare la sua.

E se scapperà, lo rincorrerò dandogli del codardo, giusto per sottolineare che oltre ad avere una testa autonoma ma del tutto inutile, non ha neppure il fegato di confrontarsi lealmente con chi non la pensa come lui.

Come ho risposto a un altro sms che raccomandava di celebrare il 25 aprile per non dimenticare, non so se si tratti di non dimenticare o di non dimenticarsi di portare a termine un lavoro, la Liberazione, iniziato gloriosamente 63 anni fa, ma non ancora terminato.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

LA MEMORIA CHE TI PUNGOLA

Credo che il 25 Aprile sia una ricorrenza che porta dentro di sè delle ambivalenze, per questo suscita, forse più di ogni altra data, sentimenti contrastanti.
Parla di Resistenza e costringe a chiedersi a cosa e come stiamo resistendo, e quanto invece ci siamo omologati al sentire ed all'agire comuni, anche quando ci stanno stretti e non ci corrispondono. Parla di Liberazionee e spinge a riflettere da cosa ci siamo liberati e quali nuove schiavitù abbiamo creato. Parla della fine di un'epoca e delle speranze intorno ad una nuova fase tutta da costruire, come mai si era profilata dall'inizio della storia dell'Unità d'Italia, e a distanza di 60 anni mette a contatto con l'amara consapevolezza delle speranze savanite, come dice Ivano Fossati "senza nemmeno darti un saluto".
Chissà se la constatazione di questi scarti non influisce sulla rimozione che molti operano rispetto a questa data.
Si può provare, invece, a vivere queste "imperfezioni" come possibilità per portare avanti la mole di lavoro che rimane restituendoci un ruolo un po' più attivo nella nostra travagliata storia.
Marina Balestra

Igor Salomone ha detto...

Non so Marina. Le ambivalenze nei confronti della Resistenza sono tutte interne a chi in qualche modo riconosce in essa il fatto fondativo della nostra vita democratica. Ti segnalo l'articolo di oggi sull'Unità di Gian Giacomo Migone a proposito dell'Afascismo, ovvero di quella cultura estremamente diffusa che ha prima fiancheggiato il fascismo, poi ha fatto un'opposizione sorda per decenni ai valori che la Resistenza aveva espresso e ora riemerge con forza tentando ancora una volta di spazzarne via il valore simbolico e culturale. E' questa cultura che non siamo mai riusciti a sradicare o a rendere definitivamente marginale. E' questo il lavoro incompleto cui faccio riferimento nell'ultimo posto.

Dopo 60 anni non è questione di promesse non mantenute, non primariamente almeno. E' questione di non aver ancora portato veramente a termine la Liberazione come processo di defascistizzazione della nostra cultura profonda.

Ora, se vogliamo riuscirci, la prima cosa da fare è riappropriarsi di quei valori smettendola di indulgere nelle ambivalenze. Si può essere critici di fronte a qualsiasi cosa, anche di fronte ai valori fondativi dello stesso vivere civile. Ma abbiamo tutti ormai la responsabilità di difenderli strenuamente da ogni tentativo di distruggerli.