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mercoledì 30 aprile 2008

Sicurezza, sicurezza, primavera di bellezza...

Ecco, ci siamo, finalmente potremo affrontare di petto la questione Sicurezza! Chiederci cosa abbiamo sbagliato, cosa non abbiamo capito, cosa non abbiamo saputo vedere. Insomma, sulla Sicurezza eserciteremo l’Autocritica (vedi “No, l’Autocritica no!”) e ci batteremo il petto, pentiti. Oddio, magari molti si batteranno il petto additando (vedi “Additare e Indicare”) i propri vicini come i principali responsabili. Ma fa lo stesso.

Volendo però evitare di incorrere nello stesso vizio, additare gli additatori è privo di senso, mi sforzerò di indicare qualche questioncina a mio parere rilevante ma sfuggente. Ad esempio, così, per iniziare, quando parliamo di Sicurezza, di cosa stiamo parlando? La riposta più diffusa è che si tratti di un bisogno. E il non aver capito che è un bisogno in rapida crescita, un errore fatale. Forse.

Proverei ad avanzare un’ipotesi alternativa: ciò che rischia di essere fatale è non aver capito che il valore Sicurezza è in caduta libera. I bisogni sono sempre una trappola e tendono a imporsi gli uni contro gli altri. Ovunque qualcuno tenti di soddisfare i propri bisogni di sicurezza, non fa che spostare l’insicurezza sui propri vicini. Se la sicurezza è un valore, invece, occorre che ognuno si faccia carico non della propria, ma della sicurezza dell’Altro. Troppo buonista? Consiglio la visione di un qualsiasi film di guerra: la maggior parte finisce prima o poi col dire che ogni soldato combatte per la vita del compagno al proprio fianco. E che questo è l’unico modo, per tutti, di garantirsi una chance di sopravvivenza.

Magari è una metafora che funziona anche per riattivare l’intelligenza dei destri.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Marina Balestra

Confini e recinti

Da un articolo di Stefano Rodota pubblicato su Repubblica il 28/4

"Parliamo chiaro. Una ventata razzista e forcaiola sta attraversando l'Italia, e rischia di consolidarsi. Ammettiamo pure che grandi siano le responsabilità della sinistra, nelle sue varie declinazioni, per non aver colto il bisogno di rassicurazione di persone e ceti, spaventati dalla criminalità "predatoria" e ancor più dall'insicurezza economica, vittime facili dei costruttori della "fabbrica della paura". Ma questa ammissione può forse diventare una assoluzione, un modo rassegnato di guardare alle cose senza riconoscerle per quello che davvero sono?"
Cito questo brano perchè mi sembra una delle poche cose fuori dal coro uscite in questo periodo.
Credo che dietro questo bisogno di scurezza sbandierato da più parti ci stia la volontà di chiudersi sempre più spesso all'interno di confini che preservino dal timore ossessivo del contagio, dal contatto con l'altro interiorizzato come nemico. E un nemico lo si può sempre individuare in chi non può fare altrettanto per garantirsi la propria sicurezza, in chi è "rimasto chiuso fuori".
Da questo punto di vista, la strada (il leitmotiv adesso è strade sicure) modifica radicalmente la sua funzione: non più luogo di incontro e di dialogo, ma solo di transito, la strada diventa lo spazio dell'emarginazione, dei senza tetto, di chi non ha diritto d'accesso agli "spazi incontaminati"
Davanti al pericolo del disordine, le richieste che vengono avanzate da molti vanno nella direzione di pretendere di vivere in una sorta di diritto di recinzione. Tale diritto vorrebbe vedere riconosciuta la possibilità per chiunque possa permetterselo di tirarsi fuori da un territorio, di isolarsi rispetto a un tutto, segregandosi in un proprio spazio idealizzato. Uno spazio da cui sia finalmente possibile mettere al bando completamente il concetto di sporcizia e di disordine, incarnato a turno dal rumeno stupratore, dal Rom ladro e sfruttatore di bambini, ecc.
In altre parole, tirarsi fuori da una comunità intesa come unità sia essa città o paese o quartiere per costruire un'altra comunità che la sostituisca, dove solo chi vi abita stabilisce le regole su cui si regge la comunità stessa.
Si è vero dobbiamo come sinistra fare autocritica, ma non perchè non abbiamo aderito al bisogno di sicurezza, ma perchè non abbiamo saputo dire niente di diverso intorno a questo tema.

Riccardo ha detto...

Eppure ci sono talune evidenza.
Accade che in una sera come tante un piccolo aggregato di giovani italiani decidono di massacrare un giovane veronese. Poi si scopre che sono pure di destra. E poi sento discutere che il sindaco di qualle città da anni martella sulla sicurezza e stringe l'occhio (a dir poco) a razzisti e xenofobi. Ci si mette pure un neo presidente della Camera a dire che non c'è nulla di ideologico nel massacrare un giovane mentre contestare Israele al salone del libro è assai più grave in quanto assai più ideologico. Un grande confronto di un grande statista.
Io invece quando ho saputo di quel ragazzo in fin di vita (ed oggi morto) senza sapere nulla di tutto ciò pensavo a tutt'altro. Adesso che ho avuto più informazioni e più commenti me lo chiedo ancora. me ne vergogno anche un po' perché continuo a chiedermelo.
Ma se il racconto fosse stato diverso del tipo che 4 Rom hanno massacrato un giovane veronese, avrei sentito le stesse cose? Qualcuno mi avrebbe spiegato la loro ideologia di destra, avrebbero detto che i loro politici soffiano sul fuoco, avrei sentito un presidente minimizzare confrontando la gravità delle contestazioni al Salone del libro?
No, avrei sentito un'armoniosa condanna rabbiosa, con giornalisti che urlavano, politici che instigavano, gente che occupava le strade, ronde che si armavano. All'unisono, armoniosamente.
Oggi ho desiderato armarmi anche io, essere a corto di sigarette e andare in San Babila.
Riccardo C.

Anonimo ha detto...

Scusa non era in Bulli gang e neuroni che volevo lasciare il commento

Questo è stato scritto centosessanta anni fa ........

Giovanna N

«Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli
uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In
effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai
pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più
rapidamente della civiltà e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento
in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista
dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non
riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno
alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario
strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene
volentieri... Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del
potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia
sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi
materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca
l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo
mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo
benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad
asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei
propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere.
Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini
rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o
disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a
capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento
sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel
vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo».

Tratto da De la démocratie en Amerique di Alexis De Tocqueville, 1840.

8 maggio 2008 14.22